Cucina ai tempi delle nostre nonne con il sbattitore

Molto spesso, mentre siamo alle prese con la preparazione di una bella torta, ci sarà capitato di pensare a come potevano mai le nostre nonne cucinare, impastare dolci o montare la maionese, semplicemente con l’uso delle loro mani.

Ci sembra infatti impensabile poter raggiungere i risultati che otteniamo oggi in cucina senza l’ausilio di qualche strumento ad hoc che ci semplifichi la vita. Lo sbattitore elettrico è, a tal proposito, un utilissimo strumento per la preparazione di numerosi piatti.

Lo sbattitore elettrico: un aiutante tuttofare

Sul mercato ne esistono di moltissimi modelli e, a differenza di un mixer ad immersione, i suoi prezzi non variano molto da un modello all’altro. Come scegliere quindi il miglior sbattitore? Innanzitutto andiamo a vedere le sue principali funzioni: questo strumento infatti è in grado di mescolare, montare e impastare tantissimi intrugli, dalla panna montata, alle uova alla maionese.

Una caratteristica importantissima è indubbiamente il suo peso. Essendo uno strumento che va utilizzato molto spesso con una sola mano, deve essere leggero ed ergonomico, con una presa facile da impugnare. Inoltre il filo, essendo lo sbattitore uno strumento da attaccare alla presa di corrente, deve essere della giusta lunghezza.

Né troppo corto, il che limiterebbe il raggio dei nostri movimenti, né troppo lungo, poiché si attorciglierebbe inutilmente facendoci perdere tempo e occupando spazio inutile sul tavolo. In linea di massima, la lunghezza del filo non deve mai essere inferiore al metro e superiore ai due.

Per quanto concerne invece la potenza dello sbattitore, espressa in watt, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non è poi così rilevante: uno sbattitore da 150 watt è più che sufficiente e garantisce prestazioni ottimali.

Un altro elemento importante è la facilità, oltre che di utilizzo, di pulizia: questo infatti non è per niente un elemento da sottovalutare. Se uno sbattitore è facile da smontare e i suoi pezzi possono essere lavati in lavastoviglie, è senza dubbio preferibile a modelli complessi e delicati.

Ulteriori caratteristiche dello sbattitore elettrico

Per quanto riguarda le fruste, sempre meglio optare per i modelli in acciaio inox i quali, a livello igienico, evitano di prendere i cattivi odori del cibo o di macchiarsi, come avviene invece con le fruste di plastica.

Infine un’altra caratteristica essenziale che un buon sbattitore con ciotola dovrebbe possedere, sono i vari livelli di velocità tra cui poter scegliere: infatti molto spesso bisogna effettuare operazioni più delicate rispetto alle solite. Una velocità e una potenza troppo elevate potrebbero compromettere la buona riuscita di una ricetta.

Molto spesso lo sbattitore elettrico viene paragonato al mixer, ma i due strumenti, più che rivali in cucina, risultano essere complementari poiché quest’ultimo è in grado di frullare e passare le verdure o le creme, operazione in cui il frullatore non è molto indicato.

Per concludere quindi, nel caso di mancanza di tempo, ma soprattutto per facilitare le operazioni e i passaggi in cucina, con un risparmio non solo in termini di minuti, ma anche in quelli di energia, l’acquisto di uno sbattitore elettrico risulta essere indispensabile.


Perchè il vogatore è così tanto amato dagli sportivi?

Una macchina ginnica dall’aspetto simile ad una canoa non galleggiante ma posizionata ben fissa sul pavimento. Si presenta così ai nostri occhi questo particolare strumento chiamato vogatore, attrezzo multifunzionale nato negli anni Settanta, che possiamo trovare oggi nelle palestre o nelle case degli sportivi.

In effetti il vogatore ha la caratteristica di simulare il comportamento che si attua quando si conduce un’imbarcazione a remi. Le parti che costituiscono il macchinario sono essenzialmente tre: un sedile non fisso, ma che si muove orizzontalmente sfruttando una rotaia che consente all’utilizzatore di andare avanti eindietro.

Un poggiapiedi, nella parte anteriore del vogatore, dove i piedi vengono fissati attraverso dei ganci o delle fasce; un manubrio, che l’atleta tirerà a se durante lo svolgimento degli esercizi. Questo vogatore classico, anche detto a trazione centrale, è il più usato perché è facile da manovrare e richiede uno spazio limitato.

Può essere facilmente posizionato in casa per poi richiuderlo dopo l’utilizzo. A questa tipologia base, si affianca un altro modello più professionale che è dotato di veri e propri remi posti nella metà dell’attrezzo, per simulare concretamente una barca a remi.

Esso, anche chiamato vogatore a trazione scandinava, richiede uno sforzo ed uno spazio maggiore. È quindi la soluzione preferita dagli atleti professionisti di ogni disciplina sportiva. Per simulare l’azione di attrito che si ha quando si rema in acqua, il vogatore restituisce una resistenza che è proporzionale allo sforzo e alla velocità di azione dell’utilizzatore.

La resistenza può essere meccanica, cioè regolata dall’utilizzatore attraverso una manopola, o ad aria, che è proporzionale all’intensità con cui il vogatore svolge l’esercizio.

Un mare di benefici per tutto il corpo

La macchina, sia essa tradizionale o professionale, ha un lunghezza media di un metro e mezzo ed una larghezza di circa un metro. Data la sua completezza, la facilità di utilizzo e la praticità di poterla utilizzare anche in casa, è un sostituto naturale della panca multifunzionale.

A differenza di quest’ultima però, il movimento del vogatore consente di allenare allo stesso momento sia la parte inferiore che quella superiore del corpo. Non dovrò quindi dedicare esercizi specifici per ogni tipologia di muscolo o per ogni parte del corpo, ma l’allenamento fatto col vogatore coinvolgerà gran parte della massa muscolare, dalle braccia alla schiena, dagli arti inferiori agli addominali.

Oltre a migliorare la forza della muscolatura, il vogatore da la possibilità di sfogare la tensione aumentando la predisposizione allo sforzo e apportando al tempo stesso effetti benefici all’apparato respiratorio e circolatorio.

Un corretto utilizzo per godere dei vantaggi del vogatore

È bene fare attenzione alla posizione che si mantiene mentre ci alleniamo con questo macchinario, che richiede maggiore attenzione di una semplice cyclette o di un tapis roulant.

La schiena infatti, deve essere sempre mantenuta dritta, anche quando ci si allunga, e le gambe devono restare sempre flesse e mai completamente distese. Sul mercato ci sono moltissimi modelli che variano per caratteristiche tecniche, dimensioni, accessori e soprattutto prezzo.

Si parte da un centinaio di euro per vogatori da casa semplici, fino ai mille euro per quei modelli più avanzati caratterizzati da schermi touchscreen o di un server con dei programmi di allenamento già impostati.


Igiene e pulizia sterilizzatori: una attenzione sempre crescente

Negli ultimi anni si è assistito ad una sempre più crescente attenzione verso i consumatori, in termini di sicurezza e igiene. Quando andiamo dal parrucchiere e ancora più dall’estetista, la pulizia è la prima cosa a cui prestiamo attenzione oltre che alla bravura del o della professionista stesso.

Recentemente inoltre, le norme igienico sanitarie, si sono fatte sempre più severe soprattutto per quanto riguarda la sterilizzazione dei prodotti e degli attrezzi utilizzati nel mondo di cerette e manicure. Lo sterilizzatore è quindi per un professionista del campo uno strumento indispensabile sia perché obbligatorio, sia perché garantisce la perfetta pulizia che evita ai clienti di contrarre infezioni di qualsiasi genere.

Tipi e modelli di sterilizzatore: dai più obsoleti ai più innovativi

In commercio esistono diversi tipi di sterilizzatore. Fino a pochi anni fa, lo sterilizzatore più usato nei centri estetici era quello alle sfere di quarzo che, riscaldate, venivano poste in una piccola cavità in cui venivano poi inseriti gli attrezzi del mestiere.

Questo strumento è in grado però di sterilizzare solamente alcuni materiali come il ferro e più genericamente il metallo. Tuttavia ultimamente il presidio sanitario ha vietato l’uso di questo sterilizzatore perché ritenuto non sufficiente ad uccidere tutti i batteri vivi che vengono in contatto con l’attrezzatura durante l’utilizzo.

Successivamente vi è lo sterilizzatore a caldo che infonde getti di acqua calda o vapore, o semplicemente aria bollente, ma anche questi ultimi sono stati ritenuti poco idonei alla sterilizzazione vera e propria: sono sì buoni per detersione e pulizia, ma come germicidi non del tutto sufficienti.

Infine troviamo le lampade UVA e quelle ad ultrasuoni, a prezzi piuttosto contenuti, che riescono a soddisfare le esigenze medico sanitarie e a sterilizzare utensili. Infine, trionfa su tutte, ma ad un prezzo davvero alto, l’autoclave ospedaliera che, oltre alle elevate temperature, garantisce una profonda sterilizzazione grazie anche alla capacità di produrre vuoto e e quindi creare un ambiente in cui è impossibile la vita di qualunque organismo.

Attenzione a come (e dove!) si lavora

Nonostante tutti i consigli e le analisi dei diversi tipi di sterilizzatore in campo estetico, si consiglia sempre, laddove sia possibile, l’utilizzo di strumenti usa e getta come palette stendi cera o attrezzi per pedicure, così da ovviare in maniera assoluta alla possibilità di formazione di germi e batteri.

Concludendo, la pratica di sterilizzazione è ciò che fa di un professionista, un lavoratore serio e competente. Molto spesso infatti, molte ragazze si improvvisano esperte del mestiere, svolgendo il lavoro in casa e, tralasciando l’aspetto fiscale, non garantiscono sempre un ambiente pulito e sopratutto un utilizzo consapevole e corretto degli attrezzi da utilizzare.

Prima quindi di rivolgervi ad un’ estetista, accertatevi sempre che abbia un buono sterilizzatore, (non solo quello al quarzo!) e che lo utilizzi in maniera adeguata.


Terra promessa: gli Hunza, il popolo più longevo del mondo

Immaginate un posto dove non ci si ammala, né di cancro né di altre malattie. Dove tutti vivono sopra i cento anni, nessuno escluso. Dove la salute è ottima senza problemi di vista e udito. Dove si respira aria buona e si beve acqua pura. Dove non c’è stress, traffico ed inquinamento.

In una valle del Pakistan del Nord, nei pressi del confine cinese, tutto questo è pure realtà. La valle dell’Hunza è un territorio situato a 2438 metri di altezza ai piedi della catena montuosa dell’Himalaya, ed è abitata da una comunità che prende il nome dalla valle stessa, gli Hunza appunto, famosi per essere considerati i più longevi del mondo. Qui, infatti, l’età media supera i 130 anni di età ed alcuni riescono a vivere fino a 140 anni.

Alimentazione sana e digiuno

Alla base di tale record non ci sono trucchi o miracoli, ma il processo di rallentamento delle cellule del corpo dettato da un particolare stile alimentare. La valle dove questo popolo abita è caratterizzata da un territorio roccioso, poco irrigabile e quindi non predisposto per l’allevamento ed il pascolo degli animali.

Ragion per cui, gli Hunza vivono con i prodotti derivanti da un’agricoltura di sussistenza. Occasionalmente si nutrono anche di carne, ma principalmente di gallina o di pecora. È errato quindi dire che gli Hunza sono una comunità vegetariana, ma la ragione per cui non mangiano molta carne è direttamente implicabile alla morfologia del loro territorio.

La loro dieta si basa su verdura, cereali e i prodotti derivanti dal latte quali ricotta, formaggio e burro. Come bevande acqua ed un vino prodotto in casa con l’uso di uva selvatica. Un abitudine alimentare apparentemente non lontana dalla nostra se non fosse per alcuni periodi di semi digiuno in primavera a cui seguono alcune settimane di digiuno completo.

Durante il semidigiuno, della durata di due mesi, gli Hunza si nutrono solamente di frutta secca raccolta e conservata durante l’anno; nelle settimane in cui invece non mangiano alcun cibo, essi si nutrono essenzialmente di acqua.

Infatti c’è da specificare che vista la posizione geografica e l’altura, non solo l’aria è più pulita a beneficio della produzione di globuli rossi, ma soprattutto essa è alcalina. Si compone quindi di molte proprietà nutritive, antiossidanti e terapeutiche rendendo stabile il PH del sangue.

Altro che “antichi”

La loro giornata è caratterizzata da un’intensa attività fisica fatta di lunghe camminate alla ricerca di cibo e di terreni fertili che coinvolge tutta la comunità, giovani e vecchi, donne e bambini. Gli Hunza sono un popolo che è rimasto isolato per molti anni, anche a causa dell’assenza di vie di comunicazione che collegavano i loro luoghi con i centri più industrializzati.

Non per questo si può affermare che sono un popolo arretrato. C’è infatti il concetto di famiglia, c’è parità tra uomo e donna, ci sono diritti per tutti e c’è una gerarchia di ordine religioso che regola il funzionamento della comunità.

C’è soprattutto un rispetto reciproco assoluto basato su condivisone, amore e solidarietà. Ma soprattutto c’è salute e non c’è sofferenza, nemmeno quando arriva, purtroppo anche per gli Hunza, quella fine naturale chiamata morte.


Momento del parto: il miracolo della vita

Non sappiamo quando un bimbo si renda conto per la prima volta di essere al mondo. Se c’è consapevolezza di vita già dopo il concepimento o se il mondo gli si illumini solo dopo che viene dato “alla luce”. La nascita di un bimbo affascina e spezza il respiro anche ai più duri di cuore.

Per il suo processo di attesa lungo quasi un anno, per le aspettative che si nutrono intorno al nuovo nato o per la vita di una famiglia che cambia e cresce. La nascita è infatti un evento maturato, vissuto, che incide non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente. E poi finalmente il parto. Una vita nuova, una nuova creatura al mondo, un nuovo inizio.

Il legame indissolubile con i genitore: dal primo momento a tutta la vita

C’è qualcosa che va oltre al taglio del cordone ombelicale, ad un vestito o ad un braccialetto di riconoscimento. Questo qualcosa è una relazione indissolubile che nasce fin dal primo istante insieme alla nascita stessa. Un collegamento fisico e psichico tra genitori e neonato che gli esperti indicano con il nome di “bonding”, ossia legame.

Un senso di attaccamento e appartenenza che il bimbo ha nei confronti di un padre ed una madre che si confrontano non più con un sogno ma con loro figlio, un bambino “carne e ossa”. Questo da vita ad un’energia forte perché nuova e positiva che le due parti, genitori da un lato e neonato dall’altro, si scambiano a vicenda in modo percepibile.

Inizia così un processo di riconoscimento reciproco attraverso il quale il bimbo si apre al mondo lasciando che uno stato di dormiveglia si sostituisca la pianto iniziale. Un’apertura che sa di scoperta, di ascolto del battito cardiaco genitoriale e di orientamento fisico e visivo. Il bambino è già infatti, in questa fase, in grado di registrare e memorizzare le prime immagini.

Il contatto: il primo linguaggio del neonato

Una fase di poche parole, ma tante emozioni. Un silenzio che dice tutto e lascia parlare le sensazioni che gli occhi ed il cuore trasmettono. Ed è per questo che, quando le situazioni lo permettono e in assenza di spiacevoli complicazioni, è importante che il neonato venga subito messo tra le braccia della mamma, pronta a fargli sentire la sua voce, il suo battito e le sue sensazioni.

Tra le braccia materne, o paterne, il bimbo si sente già a casa, protetto e sicuro tra la sua famiglia. Un’attenzione specifica e fondamentale che deve essere data fin dall’inizio per non far sentire il piccolo abbandonato e trascurato.

È infatti importante sapere che nei minuti che seguono il parto, il bimbo tende ad essere colpito non solo dalla luce e dai rumori, ma anche dalla temperatura e dalla sensazione di vuoto a causa dell’assenza di acqua. Ed è così che il piccolo cerca un luogo dove stare in equilibrio ed al sicuro, trovandolo tra le braccia e sulla pancia della mamma.

Un momento di grande valore che si può protrarre in alcuni casi per un paio di ore per mettere le fondamenta a quello che sarà un rapporto inseparabile per gli anni che seguiranno. Un’esperienza diretta i cui benefici di breve e lungo termine non sono misurabili da nessuno studio o ricerca scientifica.